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Con la rete, a caccia di onde gravitazionali

Dagli Stati Uniti all’Europa, un’unica grande collaborazione per svelare le origini dell’Universo

english abstractChasing Gravitational Waves With the Network

The collaboration between LIGO, with its two interferometers (one in Louisiana and one in the state of Washington), and VIRGO, with the interferometer in Cascina, successfully led to the first direct revelation of gravitational waves in September 2015. This is an important worldwide collaboration that uses international research networks for data exchange in real time.

Era il settembre 2015 quando il mondo della fisica e dell’astronomia ha esultato dinanzi alla scoperta delle onde gravitazionali, che ad oggi sono l’unico mezzo in grado di metterci in contatto con il mistero dei buchi neri di cui si sa ancora ben poco.

Una seconda rivelazione è stata fatta nel dicembre 2015, mentre la terza rivelazione è avvenuta lo scorso gennaio [da allora ci sono state altre rivelazioni che hanno aperto scenari fino a poco tempo fa impensabili]. Tutto questo grazie alla collaborazione scientifica tra LIGO, con i due interferometri ubicati uno in Louisiana e uno nello stato di Washington, e VIRGO, con l’interferometro di Cascina. Quest’ultimo fa capo allo European Gravitational Observatory (EGO) fondato e finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche francese. Insieme, le due collaborazioni formano un gruppo di circa 1300 ricercatori provenienti da più di 100 istituzioni in tutto il mondo.

Antonella BozziAntonella Bozzi
European Gravitational Observatory
Capo Dipartimento IT
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Ne abbiamo parlato con la dottoressa Antonella Bozzi, capo del Dipartimento IT di EGO, che ci ha spiegato come avviene quotidianamente questa grande collaborazione mondiale e qual è il ruolo che gioca la rete della ricerca nello scambio di dati.

Una delle più grandi scoperte degli ultimi tempi: ci speravate?

Sì, ci abbiamo sempre creduto e in questi anni non abbiamo mai smesso di perfezionarci e rendere le rivelazioni sempre più sensibili. Consideri che la deformazione dello spazio causata dal passaggio dell’onda è dell’ordine di 10-18 metri, quindi per dare un’idea un millesimo del diametro del protone. Einstein stesso, che aveva teorizzato con la relatività l’esistenza delle onde gravitazionali, aveva sostenuto che nessuno le avrebbe potute vedere. Pensi che emozione quando il complesso sistema di analisi online ha segnalato il passaggio dell’onda: era semplicemente perfetta, proprio come l’avevamo pensata e studiata in questi anni. Sono 21 anni che lavoro all’esperimento, tutti pensavamo a come sarebbe potuta essere la scienza con le onde gravitazionali, però arrivarci veramente è tutta un’altra cosa: si sta aprendo una nuova finestra sull’universo e di questo siamo molto soddisfatti.

La scoperta è il risultato di una fortissima collaborazione tra gli interferometri di LIGO e VIRGO. Può spiegare come nasce e com’è organizzata?


Simulazione al computer del processo di fusione di due buchi neri accaduto quasi un miliardo e mezzo di anni fa che ha generato le onde gravitazionali.

C’è un continuo trasferimeto di dati tra Virgo e Ligo e viceversa per condividere il carico computazionale

LIGO e VIRGO sono, per l’analisi dati, una unica grande collaborazione che condivide gli algoritmi di analisi, lo sviluppo del software, la gestione dei dati, la loro analisi e le risorse di calcolo necessarie. È la fisica stessa che spinge ad un approccio globale. Inoltre per la localizzazione della sorgente di onde gravitazionali è cruciale avere almeno 3 rivelatori distanti l’uno dall’altro ed analizzare coerentemente il loro segnale. Infine, per la riduzione del rateo di falsi allarmi, è fondamentale lavorare in coincidenza multipla. Quindi VIRGO mette a disposizione dell’analisi dati congiunta i centri di calcolo del CNAF a Bologna, CCIN2P3 a Lione, Nikhef ad Amsterdam e alcune risorse in Polonia. Queste risorse sono condivise attraverso l’infrastruttura GRID che poggia sulle reti della ricerca europee e sono accessibili sia ai ricercatori di LIGO che a quelli di VIRGO. CNAF e CCIN2P3 agiscono anche come repository finale dei nostri dati grezzi. L’analisi quindi non può essere altro che una analisi “globale”. Questo significa che c’è un continuo trasferimento di dati tra VIRGO e LIGO e viceversa, in modo tale da poter dividere il carico computazionale fra le risorse di calcolo distribuite nei vari laboratori e centri di calcolo. Per quanto riguarda VIRGO, c’è tutta un’infrastruttura di rete, storage e computing a supporto dell’esperimento per l’analisi dei dati. Questo tipo di analisi viene fatta anche con i dati che arrivano da LIGO quando gli interferometri americani sono accesi perché tutta una serie di pipeline (ovvero processi di analisi dati, ognuno dei quali ricerca eventi di tipo diverso e secondo vari modelli teorici) gira direttamente sulla nostra farm. In ogni caso, indipendentemente da quale interferometro sia acceso o spento, abbiamo sempre un trasferimento sia di dati grezzi - che sono molto pesanti, con oltre centinaia e centinaia di canali da analizzare - sia di quelli che noi chiamiamo reduced data set cioè canali interessanti per la caratterizzazione dell’interferometro per la rivelazione dell’onda gravitazionale.

Che significa da un punto di vista di rete e di calcolo questo fitto scambio di dati?

Impegniamo molto sia la rete che i centri di calcolo. Da Cascina ad esempio non solo partono e arrivano i dati per e dagli Stati Uniti in tempo reale ma anche i dati verso i centri di calcolo italiano e francese con dei tempi di latenza di pochi secondi, infatti appena arriva il dato noi lo conserviamo nelle nostre macchine e allo stesso tempo lo spediamo a Bologna e a Lione dove poi vengono fatte le analisi offline. Da questo punto di vista, la rete è veramente importante, per affidabilità, sicurezza e velocità.

Lo scambio di dati in tempo reale è strategico per dare alert e puntare satelliti di rilevazione, telescopi o radiotelescopi verso le sorgenti individuate

In particolare per noi lo scambio in tempo reale dei dati è davvero strategico dato che ognuno nel proprio interferometro ha un sistema di alert. Quello che facciamo è dare alert per puntare satelliti di rilevazione di raggi X, telescopi ottici o radiotelescopi in una certa zona di cielo se nel dato compare qualcosa oltre soglia, ovvero il segnale ha le caratteristiche per poter essere un’onda gravitazionale. Per questo è necessaria sia la velocità nella ricezione del dato che la velocità nell’invio dell’alert. Siamo entrati a far parte della comunità GARR nel 2004, modificando completamente la nostra rete. Al momento utilizziamo una parte di fibra dell’Università di Pisa (con cui GARR ha stretto un accordo di collaborazione) che ci permette di entrare sulla rete GARR e successivamente sulla rete della ricerca europea GÉANT e sulle reti della ricerca internazionali. Siamo molto soddisfatti della collaborazione con GARR, non abbiamo mai avuto in tredici anni un downtime e ogni volta che abbiamo cambiato i link abbiamo ricevuto sempre la massima assistenza.

Quale è il throughput dei dati provenienti dall’esperimento?

Al momento è circa 36 Megabyte al secondo perché siamo in fase di commissioning quindi dobbiamo analizzare tutti i tipi di canali. Per quanto riguarda la presa data scientifica scenderemo a 30 Megabyte al secondo ma da archiviare per tempi più lunghi, e questo vuol dire che quando facciamo un run da sei mesi o nove mesi, come quello in previsione per il prossimo anno, la capacità di storage e di analisi di cui avremo bisogno sarà proporzionalmente maggiore, dell’ordine del doppio di quella attuale per quanto riguarda la potenza di calcolo e di +30% per l’archiviazione. Invece sul core del datacentre a Cascina la quantità di dati trasmessi è circa il doppio di quelli che vengono mandati all’esterno.

Che scenari si aprono per il futuro?

È iniziata l’era delle onde gravitazionali e con esse si potrebbero studiare fenomeni non visibili con altri strumenti che studiano luce e altre radiazioni. In particolare la luce e le radiazioni iniziarono ad emergere solo 300.000 anni dopo il Big Bang, ma con le onde gravitazionali si potrebbe andare a ridosso della grande esplosione scoprendo cose che oggi neppure immaginiamo.

Le onde gravitazionali


VIRGO è un interferometro gravitazionale, composto da due bracci di 3 km, progettato per rivelare onde prodotte in fenomeni astrofisici di origine gravitazionale, come esplosioni di supernovae o fusioni di due stelle.

Previste un secolo fa da Albert Einstein, le onde gravitazionali sono increspature, ovvero accorciamenti o dilatazioni dello spazio-tempo, generate da eventi cosmici violenti, proprio come le onde prodotte quando si lancia un sasso in uno stagno. Queste onde, come dei messaggeri cosmici, sono giunte fino a noi e ci hanno svelato informazioni preziosissime su un processo di fusione di due buchi neri accaduto a 410 megaparsec da noi, che risale quindi a quasi un miliardo e mezzo di anni fa. Ma come è stato possibile intercettarle?

Se le onde gravitazionali producono delle modifiche dello spazio- tempo, ciò significa che misurando queste modifiche si ha la prova del passaggio dell’onda. Poichè la velocità della luce non subisce variazioni al passaggio dell’onda gravitazionale, la si può utilizzare come strumento di misura: infatti se lo spazio tra due punti si dilata o si accorcia, la luce impiega più o meno tempo per andare da un punto all’altro. Ed è su questo concetto che lavorano il laboratorio italiano VIRGO e quello americano LIGO. Di fatto sono tunnel lunghi da 3 a 4 chilometri al cui interno vengono sparati fasci laser per misurare i cambiamenti infinitesimali della distanza tra le estremità dei tunnel.

Quando arriva un’onda gravitazionale si ha una modifica dello spazio in una direzione del tunnel. Misurando le interferenze tra i fasci laser che sono riflessi da un’estremità all’altra è possibile misurare in modo molto preciso se lo spazio tra le estremità si è dilatato o compresso. Per captare queste onde, gli interferometri funzionano come delle antenne che captano onde che provengono da ogni direzione. Per localizzare una sorgente di onde gravitazionali è necessario un processo di triangolazione: ciò significa che sono necessarie almeno tre antenne posizionate in diversi punti della Terra.